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Interviste
Intervista a Marco Ponti
 
30/03/2003
Intervista al regista e sceneggiatore di Santamaradona
 
Intervista di Francesco Patrizi

Marco Ponti, 34 anni, sceneggiatore di “Se fossi in te”, “Cha Cha Cha”, Ricomincio da capo” e “Sindrome Boodman”, ha esordito alla regia con “Santa Maradona”, prodotto da Roberto Buttafarro.

D: Come si scrive una sceneggiatura di successo?

“L’unico ingrediente è avere una storia da raccontare, devi crederci, devi avere il desiderio di raccontare la tua storia. L’unico cosa di cui non c’è bisogno è scrivere storie simili a quelle che hanno successo, perché un produttore in questo caso l’ultima persona che prende è un emergente, prende chi ha il mestiere”

D: All’inizio di Santa Maradona già sappiamo che il protagonista ha lasciato la sua ragazza, poi la storia torna indietro…

“A me interessava far sapere che stiamo raccontando una storia d’amore che è già finita, per cui quando poi si vede quando si innamorano, c’è un sapore più amaro. È un modo per limitare il sentimentalismo, anche”

D: Pensi che bisogna vent’anni per raccontare i ventenni?

“Uno sceneggiatore che fa tanti anni di gavetta, si mette a scrivere per la televisione, poi gli capita di fare un film a trent’anni e non ha più la voglia di scrivere una cosa rischiosa. La gavetta ti devitalizza. C’è il rischio che arrivi ad una certa età che ti ritrovi imborghesito”

D: Come è andato in porto il film?

“Non ho fatto nessuna scuola di cinema, sono partito dal mio paesino con la sceneggiatura sotto il braccio in cerca di un produttore, ho chiesto il finanziamento statale per le opere prime, ma non l’ho ottenuto, poi ho trovato chi ha creduto nel progetto, la mia insegnante alla scuola Holden di Baricco. Abbiamo girato con pochissimi soldi, due miliardi e ottocento milioni”

D: Come hai fatto a scritturare Stefano Accorsi?

“Stefano era venuto a vedere un festival di cortometraggi al quale partecipavo anche io. Quando ha visto il mio, che poi ha vinto, ha voluto conoscermi e mi ha proposto lui di fare qualcosa insieme. Quando gli ho fatto leggere “Santa Maradona” ha accettato. Stefano è un attore che dà tanto, anche a livello fisico, che crede veramente in quello che fa, per questo si è buttato con un esordiente come me”

D:Come è stato il lavoro con gli attori?

“La sceneggiatura è cambiata molto nel corso delle riprese da come l’avevo scritta, proprio grazie al lavoro sul personaggio che facevamo. Senza questi attori, il film non avrebbe avuto questo successo”

D:Avete improvvisato?

“No, quando giravamo era già tutto deciso, avevamo già provato tutto, non potevamo permetterci di sprecare troppa pellicola. Però l’ultima scena, quella della lite tra Accorsi e De Rienzo, l’ho scritta poco prima di girare, perché quella che avevo preparato non ci piaceva più. E rivedendola adesso, mi convince com’è venuta. Non credo che la sceneggiatura sia un testo sacro da illustrare. Prima di girare pensavo che la sceneggiatura fosse tutto, poi mi sono reso conto che è solo una componente”

D:Nel film ci sono dei buchi narrativi…

“Kassowitz parla di effetto “pizza-pino”, cioè esci dal cinema, vai in pizzeria e provi a rattoppare i buchi della storia. È una cose che lascio agli spettatori, non mi interessa raccontare tutto, lascio volutamente qualcosa in sospeso”

D:Come definiresti il tuo film?

“Il mo film non appartiene alla commedia all’italiana, direi che è una commedia drammatica. C’è un gusto per la parola che in Italia manca”

Intervista del 2002 - Inserimento in Articoli 9 aprile 2003
 
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