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Interviste
Bisogna scoraggiare i giovani
 
02/04/2003
Intervista a Suso Cecchi D'Amico
- Nella sezione Ritratti troverete, oltre a questa stessa intervista, anche una monografia dedicata.
 
MODELLI E STRUTTURE

SCENEGGIATORI E MERCATO

BISOGNA SCORAGGIARE I GIOVANI

MODELLI E STRUTTURE
D : Spesso si sente parlare di differenze tra sceneggiature europee e sceneggiature americane, le prime sarebbero "character oriented" (cioè costruite in modo da privilegiare la rivelazione del personaggio), le seconde "plot oriented" ( curando principalmente l'intreccio, il "plot", narrativo). Cosa pensa di queste definizioni e soprattutto sarebbe possibile, secondo lei, teorizzare un "modello" di sceneggiatura europeo o italiano, così come gli americani hanno fatto per le loro sceneggiature (penso alle regole che insegnano nei loro manuali e al famoso "three act model")?

R: Un modello l'abbiamo in effetti raggiunto : quello dell'impaginazione. Fino a qualche anno fa in Italia la sceneggiatura veniva scritta su due colonne : nella colonna a sinistra si scrivevano le didascalie , in quella a destra i dialoghi. L'impaginazione francese incolonnava a destra i dialoghi, ma teneva a piena pagina le didascalie. Oggi, secondo l'uso degli americani, il rigo della didascalia copre l'intera pagina, mentre il dialogo si riserva uno spazio ben isolato al centro della pagina. Comunque non credo che le sceneggiature americane siano "plot oriented" e le europee "character oriented". Il cinema americano è soprattutto un "cinema d'azione" . Quello europeo è infinitamente più "intimista". E' possibile che questa diversità dei generi abbia portato ad attribuire anche alla sceneggiatura delle diversità nel modo di scrivere e di descrivere. Vorrei ricordare che la cinematografia è una delle più importanti industrie dell'America. E' logico quindi che si sviluppi su larga scala un insegnamento che mira all'efficienza di un prodotto che é al novanta per cento un prodotto industriale. In Europa la situazione è diversa e mi sembra possibile ma inutile ipotizzare un modello per un prodotto che è un'eccezione. E' curioso che nei manuali americani sia tornato di voga il " three act model" che era alla base delle commedie americane degli anni trenta sceneggiate da Ben Hecht. Tutto il teatro borghese dell'ottocento e ìnizio novecento era in tre atti. E alla tecnica teatrale si ispira il cinema. Un saggio della Mc Pherson all'inizio degli anni quaranta studia per il film l'arco narrativo in tre tempi da rispettare anche in ogni singola scena.

SCENEGGIATORI E MERCATO
D: Recentemente parlando con un produttore sono rimasto colpito da una sua osservazione: secondo lui oggi non ci sono "i produttori", l'ultimo è stato Cristaldi, oggi ci sono "gli imprenditori" e "i produttori" sono le banche, la logica conseguenza è che nessuno rischia più sui giovani. Lei incoraggia spesso, nelle sue interviste, i giovani a "vedere in grande", ma non pensa che sia oggi il mercato a "vedere in piccolo", e che questo, in qualche modo, condizioni le storie dei giovani sceneggiatori?

E' vero, i produttori in Italia non esistono più. O quasi. Questa è la principale causa della crisi che viene comunemente e falsamente spiegata con una crisi delle idee. Questa mancanza di produttori colpisce i giovani e i non giovani. Non per questo però i giovani "vedono in piccolo". Non è colpa loro. Hanno incominciato i loro padri. Che sia stato l'evento del piccolo schermo? Già con "l'ecole du regard" il campo si era ristretto, e si passò alla contemplazione del proprio ombelico. Comunque, a produttori andiamo sempre malissimo.

"BISOGNA SCORAGGIARE I GIOVANI"
D: Cosa si può consigliare allora ad un giovane che vuole intrapendere il mestiere di sceneggiatore?

R: Più che "consigliare", io direi "scoraggiare". Mi spiego: alcuni anni fa ho tenuto alcune lezioni di sceneggiatura a Bari. Sono arrivata lì convinta di parlare di sceneggiatura a pochi allievi selezionati, invece mi sono trovata in un'aula con 300 persone! Ora per scrivere sceneggiature bisogna avere talento, e io non posso credere che solo a Bari ci siano 300 sceneggiatori potenziali. E' un mestiere difficile, oggi più che mai, visto che produciamo poco più di 50 film l'anno. Dove possono trovare spazio questi ragazzi? C'è solo la tv, lì c'è richiesta, ma bisogna non illudere: di quei 300 solo alcuni hanno la stoffa per scrivere per il cinema, solo questi devono essere incoraggiati, agli altri bisogna aprire gli occhi affinchè si rendano conto prima possibile quali siano le loro reali capacità. Io nei giovani ho qualche speranza, ma bisogna rimanere sempre con i piedi per terra, diventare sceneggiatori oggi è più difficile che mai.
 
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