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Interviste
Giovani Sceneggiatori 2002
 
10/04/2003
Intervista a Roberto Perruccio, vincitore edizione 2002 con Mentre gli angeli dormivano
 
1: "Mentre gli angeli dormivano" è una storia "corale", nel senso che non c'è un vero e proprio protagonista, ma piuttosto una serie di "subplot" che si sviluppano, o meglio, si "sgretolano" nel corso dello script, c'è stato un modello particolare di sceneggiatura che hai seguito nell'ideazione del tuo lavoro, o a cui ti sei ispirato? (Personalmente mi ha ricordato "Short Cuts" di Altman o il più recente "Magnolia".) E cosa pensi del modello di sceneggiatura teorizzato dagli story editor americani che si diffonde sempre più nei nostri corsi?

- Mi hai scoperto. La mia sceneggiatura di riferimento è stata proprio Magnolia, del talentuoso Paul T. Anderson. Trovo che lo script di Magnolia dovrebbe essere un punto di riferimento per tutti noi aspiranti sceneggiatori, perchè è ricco di umanità, azione e, soprattutto, musica. Trovo che nel cinema italiano (ed europeo in generale) si abbia la concezione della musica solo a livello orchestrale, con quegli archi pomposi degni del miglior matrimonio Kitch. Mi potrei riferire ad un film come l'Ultimo Bacio...con queste lagne melense dall'inizio alla fine. Magnolia, invece, ci insegna che un po' di buon vecchio (e sano) rock and roll può essere funzionale alla storia. La cosa più esaltante del film è che, se visto in lingua originale, scopri che i testi delle canzoni di Aimee Mann (che ha curato l'intera colonna sonora) sono perfettamente paralleli allo script. E poi la vita è piena di gente, quindi se vuoi scrivere un film sulla vita (tua o di qualcun'altro) devi parlare della gente, quella che ti passa accanto con un'espressione sul volto che ti dice tutto...o quasi. Quel quasi lo devi inventare tu...altrimenti non saresti uno sceneggiatore. Per quanto riguarda le tecniche di insegnamento nei corsi in Italia, il motivo per cui tendono ad insegnare questo tipo di tecnica multi-caracter è fin troppo palese. Visto che sono i canali televisivi a finanziare i corsi, i suddetti finanziatori hanno bisogno di sceneggiatori in grado di garantire una consistente quantità di personaggi da dilazionare nel tempo in soap, fiction, film-tv, docu-fiction e tutte le altre diavolerie televisive che, però, sono solo quantità. Personalmente io ho seguito un corso di sceneggiatura a Firenze che mi è servito a capire che non ho bisogno di un corso di sceneggiatura. Ho avuto la fortuna di poter affinare le mie potenzialità in Danimarca, dove la libertà di espressione è una realtà, non una fesseria aleggiante con nel nostro piccolo e stronzo paesello di campagna chiamato Italia. A Copenhagen ho realizzato un corto, ho ideato un documentario (realizzato) e ho avuto un breve rapporto "umano" con Lars Von Trier, che mi permetto di considerare qualche piano più in alto di un qualsiasi story editor che insegna in Italia. Chi vuole lavorare nel cinema italiano non deve fare corsi...ma si deve fare un sedere come una casa...secondo me.

2: Come mai la scelta del suicidio di Kurt Cobain come evento iniziale?

- Kurt Cobain, quando avevo sedici anni, per me era Dio. La sua voce che mi strillava nelle orecchie era una terapia contro i tanti problemi che ho avuto nell'adolescenza. Problemi dovuti ad una vita molto nomade che mi ha più volte lasciato solo. La musica è stata la mia salvezza in più occasioni, e Kurt, in questo senso, è stato uno dei miei angeli custodi. Il giorno che si è suicidato è stato terribile, lo venni a sapere la mattina presto, proprio come i personaggi del mio script, e persi le forze per agire in qualsiasi campo. Non fu una bella giornata, soprattutto perchè non seppi comunicare il mio dolore a nessuno, mi ricordo che una professoressa mi prese addirittura in giro perchè ero triste e vestito a lutto. Kurt è il re dei perdenti, è lo sconfitto dalla vita per eccellenza. C'è chi lo descrive come un eroe moderno, ma io preferisco ricordarlo come una ragazzo tanto triste che si è chiuso nella sua tristezza, per sempre. Anche i personaggi di "Mentre gli angeli dormivano" sono degli sconfitti dalla vita, ognuno chiuso nel suo mondo, sono dei piccoli folletti egoisti che vivono in dei cubi emotivi dagli spigoli molto appuntini, sembrano nati per fare male ad ogni passo. Devi sapere, inoltre, che l'idea dello script mi è venuta dopo aver letto che un ragazzino di quindici anni si è suicidato per un brutto voto a scuola con un biglietto in tasca che diceva: "Vado dagli angeli che mi hanno detto che in paradiso non c'è la scuola". Questa storia degli angeli mi ha fatto venire in mente la canzone di Neil Young "Sleeps with angels" dedicata proprio a Cobain...da qui in poi lo script mi è esploso tra le mani in tre settimane di scrittura continua.

3: Come ti immagini girato il tuo script, c'è un regista che più di altri sarebbe in grado di non "tradire" lo spirito della tua sceneggiatura?

- Me lo immagino girato con una fotografia un po' sporca, come "The Believer" o "Amores Perros", con un ritmo molto elevato e con dei movimenti di macchina fluidi e insinuanti, vorrei che lo spettatore entrasse nei personaggi, fisicamente. Per quanto riguarda un regista a cui affidarla...non c'è. Forse un Salvatores particolarmente ispirato, ma quando ho scritto "Mentre gli angeli dormivano" mi sono promesso di girarla io, ci vorranno degli anni, lo so, ma non temo le lunghe attese, è una storia sempre attuale perchè ambientata in una data precisa, l'otto aprile 1994...il passato non muore...sarà un film d'epoca quando verrà realizzato. Tanto i produttori a cui la presento adesso neanche la leggono. La guardano, si mettono a ridere e me la buttano via dicendo che è troppo lunga. Caro lettore di questa intervista, purtroppo il panorama produttivo italiano è composto da analfabeti, stronzi e presuntuosi che quando ci parli ti catechizzano dicendo: "Perruccino mio, per farcela ner cinema te devi da spaccà la schiena. Ti avverto che è difficilissimo"...senza accorgersi che "è difficilissimo" perchè loro sono il gradino più basso dell'evoluzione umana. Pensa che un produttorino di Roma, riguardo al mio script, mi ha detto: "Leva dalla storia una famiglia intera (quella di Gigi), levame pure lo stupro (la dolce Claudia) e ce famo un film tv in due puntante". Il vaffanculo che mi è uscito dalla bocca ancora riecheggia nel suo bell' ufficio al Circo Massimo.

5: Cosa ti aspetti dal futuro dopo questo premio, e quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

- Il premio mi ha dato fiducia, perché è stato l'unico riconoscimento alla fatica provata scrivendo questa storia. Come ho già detto prima, i produttori non la prendono in considerazione perché è di 200 pagine, mentre lo standard italiano non supera quasi mai le 150-160...che coglioni. Piangeranno quando avrò i mezzi per produrla da solo e realizzerò un bellissimo film. Per il resto non mi aspetto niente. Il buon Mino Barbera, che mi ha consegnato il premio con un paterno: "Mandame sta sceneggiatura poi vedemo cosa se riesce a fà" ancora non mi ha detto "cosa se potrebbe fà", per il resto non è il primo premio che vinco, ma ti assicuro che negli ambienti produttivi non contanto i premi, contano le parentele e i favori che fai. Di obiettivi ne ho parecchi. Prima di tutto devo finire un lavoro per il regista Claudio Del Punta. Per lui sto scrivendo una sceneggiatura ambientata nel mondo delle corse dei cavalli, uno Short-Cuts a quattro zampe. Poi devo finire una sceneggiatura a bassissimo costo da proporre in giro come mia prima regia e vorrei passare un mio soggetto al regista D'Alatri.

6 C'è una domanda che pensi sia d'obbligo fare ad un giovane sceneggiatore come te?

- La domanda che manca è: "Quali sono le maggiori difficoltà che incontri volendo fare lo sceneggiatore di professione?" Risposta: difficoltà soprattutto culturali. In Italia nessuno sa cosa vuol dire sceneggiare un film, mi scambiano tutti per uno scengorafo, mestiere evidentemente più apprezzato. Io trovo difficoltà comunicative con i miei genitori, con le mie sorelle, con gli amici e con gli sconosciuti che mi chiedono: " Ma cosa vuo dire scrivere una sceneggiatura?". Io rispondo sempre allo stesso modo: "E' come dipingere tanti piccoli quadri che messi uno accanto all'altro formano un unico grande quadro all'interno del quale si sviluppa una storia". E' la cosa più intelligente che mi viene in mente, accetto altri suggerimenti.
 
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